Santi Oronzo e Nicola

Santi Oronzo e Nicola

Autore: Luigi Guacci
Titolo: Sant’Oronzo e San Nicola
Comune: CAPRARICA DI LECCE (LE)
Luogo: Caprarica di Lecce (LE), parrocchiale di san Nicola
Diocesi: Otranto
Datazione: 1926
Restauri: RESTAURATO DALLA COMMISSIONE 1977 (targhetta sulla base lignea di entrambe le statue) – Restaurato ditta Malecore Lecce (targhetta sulla base lignea di entrambe le statue) – RESTAURATA COMITATO FESTE PATRONALI 1986-87 (iscrizione sul basamento del Sant’Oronzo) – Restauro bottega della cartapesta di Merico S. Lecce 1987 (iscrizione sul basamento del Sant’Oronzo)
Caratteristiche: cartapesta policroma, cm 180x61x59 (il Sant’Oronzo); cm 180x59x59 (il San Nicola)
Iscrizioni: STATUE DI CARTAPESTA / SCULTORE LUIGI GUACCI / LECCE ITALIA (sul basamento di entrambe le statue) – Dono della baronessa Celestina Rossi 1926 (targhetta sulla base lignea di entrambe le statue)

Notizie storico-artistiche

I simulacri dei due compatroni di Caprarica di Lecce sono protagonisti di due processioni differenti che, snodandosi per le vie principali del paese, vedono ogni anno la sentita partecipazione di tutta la comunità cittadina. La prima si tiene durante la ‘Festa Grande’, la festa patronale estiva del 27 e del 28 giugno, la seconda, che si svolge invece il 23 novembre, mira a rievocare una terribile calamità naturale che colpì Caprarica proprio quel giorno del lontano 1884.
Il culto verso san Nicola nel piccolo comune salentino sembrerebbe essere assai antico tanto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che la primitiva chiesa locale dedicata al vescovo di Mira sia stata eretta intorno ai secoli XII-XIII. E sempre per via congetturale, a proposito dell’origine di tale devozione, si è ipotizzato che essa fu impiantata a Caprarica o dai monaci basiliani di rito greco che vi fondarono la chiesa, oppure dai conti di Lecce – dove già nel XII secolo re Tancredi d’Altavilla per sua devozione aveva innalzato un grande convento dedicato ai santi Nicola e Cataldo – i quali in questa fase storica amministravano una quota del casale. Secondo quest’ultima ipotesi, i conti avrebbero deciso di imporre il culto al casale sottomesso istituendo un beneficio perpetuo, inviandovi di conseguenza un prete o monaco greco-bizantino, e promuovendo l’erezione dell’edificio sacro; nel 1369 però, quando i conti di Lecce cedettero la loro quota amministrativa ai baroni di Caprarica, venne probabilmente meno il beneficio e di conseguenza il rito greco-ortodosso. Tuttavia il culto verso San Nicola non scomparve e anzi al santo orientale venne dedicata anche la nuova chiesa, documentata da alcune fonti già nei primi anni del Seicento e forse sorta sui resti della precedente caduta in rovina nel corso dei secoli. Chiesa che, fortemente danneggiata dall’uragano del 23 novembre 1884 – al punto che di essa subito dopo «poco […] resta[va]»: C. De Giorgi, La provincia di Lecce: bozzetti di viaggio, Lecce 1882-88, II, p. 335 – nel 1958 venne demolita per ragioni di staticità e sicurezza, lasciando spazio alla nuova e attuale parrocchia di San Nicola consacrata il 5 maggio 1963.
Tuttavia al culto verso l’antico patrono, verso il quale continuarono a nutrire un filiale rispetto, gli abitanti di Caprarica affiancarono, forse già dall’inoltrato XVII secolo sulla scia della profonda devozione diffusa in quel periodo nella vicina Lecce, quello verso Sant’Oronzo (i due santi erano raffigurati insieme in un dipinto posto su uno degli altari laterali della parrocchiale demolita nel 1958).
Quest’ultimo anzi fu presto oggetto di una così intensa venerazione da essere in seguito ritenuto il vero e principale protettore del paese, tant’è che a lui i capraresi si rivolsero per trovare protezione e salvezza dalla citata, terribile sciagura che colpì il paese e il circondario nel 1884.
Si trattò per quella porzione della provincia leccese di uno degli eventi naturali più calamitosi di tutti i tempi. Preannunciato da una giovane contadina, Adriana Ingrosso, che però non fu creduta, l’uragano si formò verso mezzogiorno a est, nella serra tra Sternatia e San Donato di Lecce; in seguito, superata l’area rurale compresa tra Galugnano e Martignano, si abbatté, accompagnato da tuoni e fulmini, su Caprarica, si diresse poi verso Castrì e Vernole e si spense infine nell’Adriatico dopo aver perso forza e intensità. Gli abitanti di Caprarica, allietati quel giorno dalla celebrazione di ben tre matrimoni, resisi conto troppo tardi dell’imminente sciagura inizialmente scambiata per un deragliamento di un treno sulla vicina linea ferroviaria Sud-Est, provarono a rifugiarsi in chiesa Madre, dove alcuni fedeli, consci del grave pericolo, insieme al parroco avevano esposto la statua di Sant’Oronzo, a cui il coro e i devoti rivolgevano preghiere e inni.
Nonostante gli alberi d’ulivo sradicati, le case rurali (pajare/pagliare) rase al suolo e il campanile della parrocchiale crollato, i più gridarono al miracolo giacché quest’ultimo crollo aveva provocato solo il ferimento di cinque persone estratte vive dalle macerie, mentre nelle contrade si salvarono un povero infermo la cui capanna era stata distrutta dalla bufera a eccezione del tetto e un pastore di sedici anni, Oronzo Mazzeo (1868-1959), riparatosi col suo gregge dietro un muretto a secco totalmente distrutto dall’uragano tranne nel tratto dietro al quale l’adolescente – il suo nome, oltre a determinare la facile associazione con la volontà protettiva del santo eponimo, è indice di quanto l’onomastica storica di Caprarica dipenda da un culto molto forte verso Oronzo – aveva trovato protezione. Laddove la morte toccò a un solo cittadino, un altro Oronzo, Centonze, uomo litigioso, amante del gioco e restio a recarsi in chiesa, morto a causa del crollo del campanile e il cui corpo insanguinato fu beffardamente ricomposto proprio in chiesa, sull’altare di San Vincenzo, dove si era recato per trovare rifugio con quattro amici di gioco.
Molti di questi fatti, evidentemente amplificati e romanzati da una devozione facilmente ‘suggestionabile’ fino a rasentare la superstizione, nel 1947, quindi al tempo in cui erano ancora vivi alcuni dei più giovani testimoni oculari, vennero raccolti dal canonico Oronzo Verri, parroco di Caprarica dal 1919 al 1955, in un componimento in trentatré quartine in dialetto locale dal titolo Santu ’Ronzu te lu racanu/Sant’Oronzo dell’uragano (integralmente riportato in Cisternino-Pastore 2000, pp. 135-138; per la sua segnatura nell’archivio parrocchiale di Caprarica vedi Greco 2022, p. 261 nota 7). Epiteto col quale dal 1884 a Caprarica sarebbe stato definito il santo co-protettore, per intercessione del quale, avendo deviato l’uragano, gli abitanti pensarono che il paese si fosse salvato da un più funesto destino. E fu così che a ricordo dello scampato pericolo venne istituita una processione annuale il 23 novembre, la quale ancora oggi, essendo viva nella comunità cittadina la volontà di preservare la memoria del prodigioso evento e rafforzare con essa l’identità comunitaria, è uno degli eventi più attesi dai capraresi. Dopo la messa e la lettura della poesia ricordata, il corteo parte dalla parrocchiale intorno alle 12, si snoda poi sulla via per Galugnano (‘a mmera li ponti’/verso i ponti) – inizia quindi e si direziona verso l’area in cui l’uragano ebbe origine – e si conclude verso le 13 con una batteria di fuochi d’artificio.
Nel 1984 le celebrazioni per il centenario del catastrofico evento hanno poi ulteriormente suggellato il radicato attaccamento della comunità di Caprarica a Santu ’Ronzu te lu racanu. Il 23 novembre di quell’anno non si svolse infatti solo la tradizionale processione, ma venne distribuito un giornale commemorativo, Il Centenario, fu scoperta sulla via per Galugnano una lapide commemorativa la cui iscrizione rinnovava la riconoscenza dei cittadini verso il santo che li aveva salvati, nel pomeriggio venne inaugurato il nuovo campanile della parrocchiale e in serata fu rappresentata l’opera teatrale Lu rracanu, dramma storico in un atto di Rodolfo Protopapa. Per fatale coincidenza pochi giorni prima, la notte del 6 novembre 1984, una violenta burrasca si era abbattuta su Caprarica sradicando e abbattendo decine di alberi, danneggiando case, diroccando mura di cinta, distruggendo una stele della Via Crucis all’ingresso del cimitero, senza però provocare danno fisico alcuno agli abitanti i quali interpretarono quel pericoloso evento naturale come «un “segno”, un rinsaldato senso di vicinanza e di “partecipazione” da parte del santo alla vita del paese» (Greco 2022, p. 264).
Le due statue dei santi patroni di Caprarica utilizzate per la processione di novembre e per quella di giugno, come attestato da una targhetta posta sulla loro base lignea, vennero commissionate nel 1926 dalla baronessa Celestina Rossi, sorella di Carlo, ultimo barone di Caprarica la cui famiglia aveva acquistato il feudo dalla Regia Corte nel 1785 (cfr. Cisternino-Pastore 2000, pp. 110-113). Evidentemente la statua di Sant’Oronzo che venne esposta in chiesa nel 1884 mentre l’uragano incombeva minaccioso e quella poi utilizzata nelle prime processioni seguite al terribile evento, doveva essere un’altra.
Le statue del 1926, ordinate all’Istituto di Arti Plastiche di Luigi Guacci (1871-1934) ed entrambe restaurate nel 1977 dalla Commissione Feste patronali, riflettono i convenzionali criteri plastici semi-industriali del celebre e richiesto stabilimento leccese citato e del suo titolare, tanto nella definizione cromatica e formale degli abiti e degli accessori vescovili, attentamente definiti nei dettagli decorativi, tanto nelle pose, nei gesti o nelle tipiche espressioni severe ed ‘edulcorate’. Ciononostante, la ieraticità iconica del santo di Mira o il gesto benedicente e protettivo di Sant’Oronzo, insieme al suo sguardo dolcemente triste, sembrano in qualche modo rimandare da un lato all’antichità di un culto bizantino dall’altra alla paterna protezione oronziana da terribili minacce. D’altronde il più stretto legame, la ancora più ‘motivata’ (dopo l’episodio del 1884) preferenza verso Sant’Oronzo dei fedeli di Caprarica sono indirettamente documentati dal fatto che la statua di quest’ultimo venne nuovamente restaurata nel 1987, dopo solo dieci anni dal precedente restauro e sempre su commissione del Comitato feste patronali, dal cartapestaio leccese Santino Merico (1958-; vedi SCHEDA), come ricordato da un’iscrizione posta sul basamento dell’opera.

Bibliografia
  • Santi. Il regno dei cieli raccontato dalla terra, a cura di A. Maglio, supplemento a «Il Quotidiano», 1991, vol. I, p. 47.
  • G. Cisternino-G. Pastore, Caprarica di Lecce, con il contributo di M.F. Vantaggiato, Calimera 2000, pp. 116-117, 124-127, 133-143.
  • O. Greco, Cultura popolare e protezione oronziana nella comunità di Caprarica di Lecce, in Martyr Christi. S. Oronzo tra storia, letteratura e arte, atti del convegno nazionale di studi per il Giubileo Oronziano (Lecce; 2022), a cura di M. Giannone-M. Spedicato-P.A. Vetrugno, Edizioni Grifo, Lecce 2022, pp. 259-264.
Galleria
Luigi Guacci, Sant’Oronzo, 1926. Caprarica di Lecce (LE), parrocchiale di San Nicola
Luigi Guacci, Sant’Oronzo, 1926. Caprarica di Lecce (LE), parrocchiale di San Nicola
Luigi Guacci, San Nicola, 1926. Caprarica di Lecce (LE), parrocchiale di San Nicola
Luigi Guacci, San Nicola, 1926. Caprarica di Lecce (LE), parrocchiale di San Nicola
Caprarica di Lecce (LE), processione per la festa patronale di giugno
Caprarica di Lecce (LE), processione per la festa patronale di giugno
Caprarica di Lecce (LE), il sindaco consegna le chiavi della città ai due compatroni, festa patronale di giugno
Caprarica di Lecce (LE), il sindaco consegna le chiavi della città ai due compatroni, festa patronale di giugno