Autore: | Ignoto cartapestaio salentino del XIX sec. |
---|---|
Titolo: | San Trifone |
Comune: | ALESSANO (LE) |
Luogo: | Alessano (LE), collegiata del Santissimo Salvatore |
Diocesi: | Ugento-Leuca |
Datazione: | seconda metà del XIX sec. (post 1876?) |
Restauri: | ante 2001, Rosa Savarelli da Gagliano del Capo |
Caratteristiche: | cartapesta e terracotta policrome, 150x70x40 cm |
Iscrizioni: |
Notizie storico-artistiche
Il 12 agosto 1700 i membri dell’antica Università di Alessano, congregatisi nel sedile cittadino, «trovandosi l’altare del Glorioso Santo Trifone dentro la chiesa catredrale di questa Città, e ricevendo questo publico alla giornata grazie da detto Santo, e sperando di riceverne per l’avenire esser liberato dall’invasione de bruchi», su proposta del sindaco Giovanni Niccolò Piri, deliberarono all’unanimità di eleggere San Trifone «per loro continuo Protettore» e di rivolgersi a tale scopo, attraverso la mediazione del vescovo, alla Sacra Congregazione dei Riti. La decisione trovò sostegno nel Capitolo della cattedrale e in tutto il clero alessanese, i quali accettarono «per protettore principale di questa Città il Glorioso Martire S. Trifone, la festività del quale è a 10 novembre, sì a riguardo de grazie ricevute, per il danno de Bruchi, quali prima havevano rovinato questo Feudo, con danno grandissimo de particolari, come anche per quelle che si devono sperare in futurum». Ratificata la proposta dal vescovo di Alessano, Vincenzo della Marra (1695-1712), e inviata a Roma la supplica, la Sacra Congregazione dei Riti il 26 febbraio 1701 emanò il decreto con cui San Trifone veniva eletto protettore di Alessano «poiché non hanno altro protettore principale» (Archivio Segreto Vaticano, Sacra Congregazione dei Riti, Decreta, a. 1701, riportato in CALORO-DE PAOLA 2013, pp. 209-214, con ulteriori indicazioni; vedi anche CALORO 1994, p. 17).
Il prezioso documento lascia quindi intendere che nell’antica cattedrale di Alessano, fondata forse alla metà del XII secolo e intitolata alla Trasfigurazione del Santissimo Salvatore – così veniva registrata sin dalla prima visita pastorale di cui si dispone, quella del vescovo Ercole Lamia (1578-91) del 1590 – esistesse già un altare dedicato al giovane santo orientale. Si trattava probabilmente di una delle «sei cappelle in ciascun lato» citate in alcune visite pastorali del primo decennio del XVII secolo (1600 e 1609) poi diventate nove, a seguito dell’ampliamento dell’edificio sacro, agli inizi del XVIII secolo, quando nella seconda visita pastorale dello stesso monsignor della Marra, purtroppo senza datazione ma compresa tra la precedente del 1698 e la successiva del 1707, il vescovo registrava appunto «dieci altari» compreso il maggiore.
Quest’ultimo era dedicato al titolare, il «Santissimo Salvatore con la sua statua di legno indorata e quattro altre statue con le sue reliquie di S. Bartolomeo Apostolo, di S. Lorenzo Martire et di S. Cataldo e di S. Trifone». Le prime quattro, ossia la statua del Salvatore e quelle dei primi tre santi, le cui reliquie erano state già citate nelle visite della prima metà del XVII secolo, pare fossero state commissionate dal vescovo Placido Padiglia (1634-48), che nella sua visita del 1639 aveva annotato: «ho abbellito l’altare maggiore con statue di legno indorato»; precisando poi in quella del 1643 «sull’altare maggiore ci sono delle statue di legno indorate per custodire le reliquie dei Santi»; infine nella visita del 1649 del successore del Padiglia, monsignor Francesco Antonio Roberti (1648-53), erano stati puntualizzati i nomi dei santi di cui si conservavano le reliquie nei simulacri: «altare maggiore ornato di una statua di legno indorato del Salvatore e conserva in tre statue dello stesso materiale le reliquie dei Santi Cataldo, dell’Apostolo Bartolomeo e del Martire Lorenzo». Sicché la visita senza data del vescovo della Marra è la prima in cui veniva notata sull’altare maggiore anche una statua di San Trifone. I dubbi però, a proposito di quest’ultimo oggetto, sono diversi: si trattava di una quarta statua-reliquiario già esistente e conforme alle altre, il che attesterebbe una più antica devozione verso il santo, o piuttosto questo simulacro era quello a figura intera, diverso dagli altri tre che erano dei busti-reliquiari, citato nella visita del 1707 dello stesso vescovo della Marra? –: «nella chiesa ci sono tre statue di legno indorato a mezzo busto ed una intera di San Trifone Martire, da poco eletto, ad istanza di detto Illustrissimo e dell’intera popolazione con decreto della Sacra Congregazione dei Riti, principale ed unico patrono della città, non essendoci stato prima nessun Santo protettore, poiché la chiesa era soltanto, e lo è tuttora, intitolata al Santissimo Salvatore, cioè alla Trasfigurazione del Signore».
Certo è che nella visita del 1709 monsignor della Marra citava espressamente tra gli altari della cattedrale quello privilegiato «di San Trifone Martire […] dotato di tutta la suppellettile necessaria», mentre è assai significativa la visita pastorale del 1744 del vescovo Luigi D’Alessandro (1743-54), il quale riferiva puntualmente che in cattedrale «negli stipi della sacrestia sono custodite delle statue a mezzo busto, cioè di Sant’Andrea Apostolo, di San Lorenzo Levita martire e di San Cataldo vescovo con le loro reliquie chiuse nel petto con cristallo, e inoltre le statue di San Trifone Martire e di Sant’Oronzo, patrono di questa provincia [di Terra] d’Otranto, che si usa esporre sull’altare maggiore o rispettivamente nel proprio, oppure vengono portate in processione nelle festività più solenni e in quelle a loro dedicate»; mentre sull’altare maggiore, «al di sopra del seggio episcopale che si trova nel coro», a quel tempo erano rimaste solo «le statue di legno indorato del Santissimo Salvatore e di due angeli». Una citazione ripresa e corretta in occasione della visita pastorale del 1757 del vescovo Dionigi Latomo-Massa (1754-80), nella quale l’errato riferimento al busto di Sant’Andrea, contenuto nella visita del 1744, era sostituito con quello al simulacro di San Bartolomeo.
Si potrebbe quindi pensare che nel 1701, in occasione della proclamazione di San Trifone a patrono di Alessano, venne commissionata una statua-reliquiario a figura intera del giovane santo, temporaneamente collocata nei giorni della seconda visita del della Marra, com’era consuetudine fare, sull’altare maggiore della cattedrale (una commissione ad hoc del simulacro è ipotizzata anche da PALESE 1975, pp. 20-21, il quale però collega sempre all’evento del 1701 l’erezione dell’altare del patrono). Cattedrale che era già dotata di un altare intitolato a San Trifone – citato, dopo la visita del 1709, anche in quelle del 1744 e 1757 – sul quale è però difficile immaginare cosa fosse custodito prima del 1701: una pala d’altare, le reliquie del santo poi incastonate nella nuova statua, un busto-reliquiario simile agli altri tre conservati in chiesa? Certo è che a questo altare gli alessanesi rivolsero le loro preghiere, implorando protezione contro le invasioni di cavallette che avevano infestato le campagne del feudo, elevandone poi il titolare a loro patrono (per tutte queste notizie vedi CALORO-DE PAOLA 2013, pp. 250, 258, 264, 296, 298, 302, 331-332, 333, 335, 365, 381, con altri dati e i rinvii alle relative fonti documentarie; cfr. anche PALESE 1975, pp. 19, 21).
Restano tuttavia confuse e incerte, come in parte già esposto, le notizie su questo singolare e importante momento della storia alessanese, riportate da alcuni testi e circolanti tra lo stesso popolo alessanese, anche se comunque fondate su fatti reali. «Una leggenda narra che ci fu un periodo in cui Alessano fu invasa dalle cavallette. Gli alessanesi portarono allora in processione per il paese la statua del Santo che riuscì a liberare la cittadina dall’invasione dei terribili insetti e a salvare gli abitanti che erano caduti in carestia» (PISA 1978, p. 17): ciò avvenne dopo il 1701, con la statua commissionata dopo l’elevazione del santo a patrono e in occasione di un’altra invasione dei nefasti insetti, oppure questa leggenda si riferisce a una processione che si fece prima di tale evento con un simulacro più antico e già esistente, custodito sull’altare del santo in cattedrale?
«Non si sa quando esattamente avvenne il miracolo; si sa invece che san Trifone sostituì in paese la devozione per Sant’Oronzo» (MAGLIO 1991; ACCOGLI 2012, p. 41). Difatti a quest’ultimo santo era dedicato un altro dei nove altari della cattedrale registrati nella visita pastorale del 1744 e ricordato anche in quella del 1757; così come abbiamo ricordato che, insieme ai tre busti-reliquiari e alla scultura a figura intera di San Trifone, anche «di Sant’Oronzo patrono di questa provincia [di Terra] d’Otranto» era conservata nel 1744 negli stipi della sacrestia una statua, oggetto come le altre di venerazione «sull’altare maggiore o rispettivamente nel proprio, oppure vengono portate in processione nelle festività più solenni e in quelle a loro dedicate». E a conferma dell’esistenza nel Settecento di una festa alessanese in onore di Sant’Oronzo sappiamo che nel 1795 e nel 1796 l’Università destinò alla ricostruzione della cattedrale «i residui attivi dei luoghi pii e delle feste dei santi patroni Trifone e Oronzo» (PALESE 1975, p. 33, con rinvio alla fonte documentaria; vedi infra).
Oggi nella chiesa Matrice del Santissimo Salvatore di Alessano, abbassata dal rango di cattedrale a quello di collegiata quando nel 1818 la diocesi di Alessano fu soppressa e il suo territorio incorporato a quella di Ugento, ricostruita per ragioni di staticità nel 1763 ma consacrata e aperta al culto solo nel 1844, l’altare dedicato a San Trifone è l’ultimo della navata di destra e su di esso campeggia una tela con la Gloria del santo attribuita al pittore locale Oronzo Letizia (1657-1736 ca.). Tela, proveniente dalla vecchia cattedrale e in basso alla quale sono apposti gli stemmi della famiglia Ayerbo D’Aragona, del vescovo della Marra e della città di Alessano, che venne commissionata dopo il decreto del 1701, verosimilmente dal Capitolo della cattedrale magari col concorso dell’Università (per la tela vedi da ultimi A. Faita-L. Antonazzo, La famiglia Letizia in età barocca. Ricostruzione storica e biografica…opus pennicilli excellentis pictoris Agnelli Letitia Alexanensis, Fasano 2019, pp. 43, 44 fig. 9, con bibliografia precedente; cfr. anche PALESE 1975, pp. 37 e nota 92; CALORO 1994, pp. 26, 28, 36; IDEM 1996, p. 64).
Nella stessa collegiata si conserva però anche una statua lignea di dimensioni contenute dello stesso Santo, che, per quanto maldestramente ridipinta, nella posa elegante, nel movimento dei panneggi, nella fluente capigliatura mossa dal vento, denuncia ancora stilemi tipicamente tardobarocchi tanto da poter essere datata al XVIII secolo. Che sia però la statua-reliquiario citata nelle visite pastorali ricordate, in seguito rimaneggiata, oppure che a quella si sia solo ispirata, è difficile appurarlo; tuttavia tutto lascia credere che è questo il simulacro che venne adoperato nel corso del Settecento e per buona parte del secolo successivo dagli alessanesi durante la processione della festa patronale civile, oggi utilizzato invece per il corteo che si tiene il 10 novembre, giorno della commemorazione liturgica del santo (la statua è riprodotta in PALESE 1975, tav. XXV; cfr. anche ICCCD, scheda OA, I-16/00141021, ambito salentino, sec. XVIII, h 125 cm, iscrizione basamento: RESTAURO DI SOVARELLI 1994, C. Benvestito 1995 e “Beni storici e artistici”, ambito salentino, sec. XVIII, h. 115 cm; sulla collegiata di Alessano e il suo arredo artistico vedi almeno PALESE 1975; PISA 1978, pp. 25-31; CALORO 1994, pp. 11-12, 17, 26-30; IDEM 1996, pp. 60-65; CALORO-DE PAOLA 2013, ad indicem. Si approfitta di questa sede per puntualizzare che l’attuale collegiata non coincide e non sorge sul luogo dove un tempo si ergeva la chiesa di Santa Maria del Foggiaro – come invece sostenuto da PISA 1978, p. 25 – quest’ultima, infatti, fin dalla visita pastorale del 1590 veniva menzionata distinguendola dalla cattedrale ed era «detta del protopapato», secondo tradizione si trattava cioè, come specificato nella visita del 1600 e poi in quella del 1744, della chiesa che funse da parrocchiale di Alessano prima della traslazione nel paese della sede vescovile; vedi CALORO-DE PAOLA 2013, pp. 253, 258, 365; cfr. anche CALORO 1994, pp. 11-12).
Come fanno supporre le sue caratteristiche stilistiche, il simulacro in cartapesta di San Trifone qui schedato dovette infatti essere realizzato solo dopo la consacrazione della collegiata (1844), anzi tutto porta a credere che la sua commissione fu una conseguenza di quella che gli alessanesi battezzarono come la ‘malannata’ (l’annata maledetta); un anno, il 1874, in cui la città fu funestata da carestie, epidemie e pessimi raccolti, dai quali fu salvata grazie all’intercessione di San Trifone (MAGLIO 1991; ACCOGLI 2012, p. 41; la statua è datata al «secondo Ottocento» anche da FERSINI 2001, p. 92). Non è un caso che una delle prime visite pastorali in cui l’opera è menzionata è quella del 1916 del vescovo di Ugento Luigi Pugliese (1896-1923; cfr. Archivio Diocesano di Ugento, Visite Pastorali. IV Registro. (1916-1936) , citata in FERSINI 2001, p. 92).
Trifone (Lampsaco, 232-Nicea, 250), secondo la fonte agiografica più antica (VIII sec.), era infatti un giovane e umile contadino o piuttosto un pastore cristiano di oche, nato in Asia Minore, capace di operare guarigioni ed esorcismi, il quale subì il martirio per decapitazione a Nicea (in Asia Minore) all’età di diciotto anni, nel 250, al tempo della persecuzione dell’imperatore Decio (249-251). Vista la sua professione e alcuni suoi miracoli riportati dalle fonti – le quali narrano che il giovinetto avrebbe liberato i campi da stormi di locuste capaci di oscurare il sole – Trifone venne presto venerato e invocato dai contadini per proteggere le coltivazioni dalle invasioni di cavallette o dalle infestazioni di rettili, insetti e altre specie di animali nocivi; da ciò la diffusione del suo culto, tra il XVI sec. e gli inizi del Novecento, in diverse realtà dell’Italia meridionale dedite all’agricoltura, come Alessano, periodicamente infestate da tali sciagure naturali.
La statua cartacea è la principale protagonista della festa patronale civile alessanese, la quale si celebra in tre giornate a fine luglio, con la processione del santo che si svolge l’ultima domenica del mese. Da lungo tempo caratterizzata dai suoni della «banda e una modesta parazione» (PISA 1978, p. 17), la festa vede oggi il paese abbellito dalle tipiche luminarie e allietato, oltre che dai concerti bandistici, anche da esibizioni di musicisti, spettacoli pirotecnici, giochi d’acqua e dalla tradizionale e antica fiera che, nel 1841, dagli ultimi tre giorni di luglio fu spostata all’ultima domenica di luglio e al lunedì seguente, da qui il nome con cui è nota: ‘Fera Nova’ (vedi CALORO 1994, pp. 19-20, 85).
La figura in cartapesta del santo riprende, con lievi differenze, l’idea compositiva – in primis lo sguardo estatico rivolto verso l’alto – gli abiti da viandante – con il mantello che cade dalla spalla destra, qui in maniera più perpendicolare – e relativi colori – forse lievemente alterati dal restauro di fine anni Novanta del secolo scorso – della statua lignea prima menzionata, la quale funse quindi da modello all’ignoto cartapestaio. Trifone nella nuova opera ha però il braccio destro levato verso l’altro, mentre col sinistro sfiora la testa di un putto che regge lo stemma, monocromo e semplificato, della città di Alessano: una croce svettante in mezzo a due ali di un volatile, sormontata nell’arco superiore dal motto «PROTEGAM·CIVITATEM·ISTAM». La ricchezza dei decori, l’abilità nella resa del movimento e delle pieghe dei panneggi, la raffinatezza e accuratezza del modellato dei visi ‘devoti’, dei gesti parlanti e delle pose classicamente equilibrate e ‘contenute’, inducono a cercare l’autore della statua in una delle tante botteghe di primo piano presenti a Lecce nella seconda metà del XIX secolo. Assai curata e raffinata è anche la base processionale, apparentemente coeva, il cui decoro e impianto rimandano a uno stile tardo neoclassico.
Bibliografia
- S. Palese, Alessano e la sua chiesa maggiore. Notizie di storia e di arte, Galatina 1975.
- S. Pisa, Estremo Salento. Alessano: storia e folklore, Galatina 1978.
- Santi. Il regno dei cieli raccontato dalla terra, a cura di A. Maglio, supplemento a «Il Quotidiano», 1991, vol. I, p. 13.
- A. Caloro, Alessano, in A. Caloro-A. Melcarne-V. Nicolì, Alessano. Storia, arte, ambiente, Tricase 1994, pp. 9-64.
- A. Caloro, Guida di Leuca. L’estremo Salento tra storia, arte e natura, a cura di M. Cazzato, Galatina 1996.
- F. Fersini, La scultura sacra cartacea nel Capo di Leuca (secc. XVIII-XX) , Nardò 2001, pp. 92, 93 Tav. 40, 208, 244 fig.
- I Santi Patroni e le chiese parrocchiali della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, a cura di F. Accogli, Tricase 2012, pp. 38-43.
- Alessano tra storia e storiografia, a cura di M. Spedicato. Tomo II. Le fonti documentarie, di A. Caloro e F. De Paola, Trepuzzi 2013.