Otto Santi

Otto Santi

Autore: Raffaele Caretta
Titolo: Trasporto di Cristo al sepolcro (detto ‘Otto Santi’)
Comune: RUVO DI PUGLIA (BA)
Luogo: Ruvo di Puglia (BA), chiesa di San Rocco, confraternita dell’Opera Pia San Rocco
Diocesi: Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi
Datazione: 1920
Restauri: 2001 Lidiana Miotto; 2013-14
Caratteristiche: Cartapesta policroma, terracotta, legno; 245x280x165 cm
Iscrizioni: Cav Caretta Ra./Lecce 1920 (sul basamento, all’angolo posteriore sinistro)

Notizie storico-artistiche

Ben 5 sono i riti processionali che caratterizzano la Settimana Santa di Ruvo: la processione della Desolata del Venerdì di Passione, quella degli ‘Otto Santi’ che si svolge la notte tra il Mercoledì e il Giovedì Santo, quella dei Misteri del Venerdì Santo, quella della Pietà del Sabato Santo e infine quella del Cristo Risorto della Domenica di Pasqua, durante la quale è portata in processione una statua del 1952 del celebre e assai richiesto cartapestaio leccese, trapiantato a Bari, Salvatore Bruno (1893-1987).
La processione più suggestiva e famosa è però di certo quella detta degli ‘Otto Santi’, proprio dal numero dei personaggi che compongono il gruppo statuario in cartapesta che viene portato a spalla durante il rito. Essa è organizzata annualmente dalla più antica delle quattro confraternite di Ruvo, quella di San Rocco (le altre sono quelle della Purificazione-Addolorata, del Carmine e del Purgatorio), la quale già nel 1576, come indicato da un’iscrizione lapidea murata nella sede dell’ente, risulta beneficiaria di un’indulgenza perpetua concessa da papa Gregorio XIII. Definita ‘povera’, perché composta soprattutto da contadini, nella relatio ad limina del 1595 del vescovo Gaspare Pasquali (1589-1604), la confraternita ottenne nel 1781 da Ferdinando IV il Regio assenso alle sue Regole – la cui richiesta fu firmata da tutti i confratelli col segno della croce perché analfabeti, elemento che conferma l’originaria bassa estrazione sociale degli associati –, tra esse quella di congregarsi tutti i venerdì di Quaresima per meditare la Passione di Cristo e adorare la Santa Croce. Votata quindi fin dall’origine alla venerazione dei Misteri della Passione, tuttavia la confraternita di San Rocco fu l’ultima delle confraternite ruvesi a dotarsi, subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, di una statua da recare in processione durante la Settimana Santa. Nel corso di un’assemblea plenaria, registrata in un verbale datato 16 marzo 1919, il priore della congrega, Giovanni Testini, lesse una relazione in cui sottolineava proprio il fatto che i confratelli di San Rocco erano «retrogradi alle altre Corporazioni, rispetto alle […] sacre processioni della Settimana Santa», pertanto essendo tutti concordi sulla necessità di dare avvio a una nuova processione che facendo «impressione alla Cittadinanza […] porterà utile alla Congrega», deliberarono all’unanimità di acquistare, a devozione della nobildonna Rosina Ruta de Tommaso, «la nuova statua da rappresentare la Deposizione dalla Croce, ossia Cristo portato al sepolcro e che sarà solennizzata annualmente il giovedì della Settimana Santa» (DI PALO 2002, pp. 13-14).
Il simulacro consegnato forse entro il 1919, diverso da quello attuale, non dovette soddisfare pienamente i confratelli oppure era stato già pensato come provvisorio per la Settimana Santa 1920. Fatto sta che in un’altra deliberazione del 22 febbraio 1920, priore ancora Testini, i confratelli, su parere dello stesso statuario (anche stavolta non citato), decisero di aumentarne le figure (senza precisare il numero), giustificando tale decisione sempre con l’intenzione di «attirar magior impressione al pubblico»; mentre nella stessa circostanza si decise di ampliare in chiesa la nicchia dell’Addolorata in modo da riporvi il nuovo simulacro (DI PALO 2002, p. 15).
Il gruppo che sfilò in processione per la prima volta la sera del 1 aprile 1920, Giovedì Santo, doveva essere quindi composto non solo da un minor numero di figure ma, secondo quanto testimoniato diversi anni fa da alcuni anziani, da manichini ‘vestiti’, coperti cioè da stoffe e parrucche, fatte, secondo gli stessi testimoni oculari, di capelli veri (DI PALO 1994, p. 113; IDEM 2002, p. 16). Una notizia confermata dal ritrovamento nei depositi della Confraternita di San Rocco, qualche tempo prima del restauro del 2001 del simulacro definitivo, di piedi e mani in cartapesta (DI PALO 2002, p. 16 fig.).
Di certo i pochi giorni trascorsi dalla deliberazione di fine febbraio 1920 al Giovedì Santo successivo non furono sufficienti al maestro cartapestaio per ‘ampliare’ e completare il nuovo gruppo statuario, più affollato e composto da figure cartacee tout court, ossia anche panneggiate con fogli di carta; cosicché la prima processione con l’attuale simulacro si svolse solo nel 1921, spostata non a caso proprio quell’anno nella notte tra il Mercoledì e il Giovedì Santo per non interferire con le funzioni del Giovedì e con la visita ai ‘sepolcri’.
Significativo è poi il fatto che nelle due deliberazioni confraternali citate, e così nei registri di conti del sodalizio di San Rocco, manchi qualsiasi riferimento sia al prezzo sostenuto dagli associati per l’acquisto della statua sia il nome del cartapestaio prescelto, Raffaele Caretta.
La firma di quest’ultimo sul gruppo statuario – evidentemente riferibile alla sua mano e difatti incluso nel catalogo del maestro leccese già negli studi antecedenti – è comparsa solo a seguito del restauro del 2001. Firma peraltro accompagnata dalla data del 1920, anno di ultimazione della statua.
Come giustamente evidenziato da Franco DI PALO (2002, p. 17), le scelte della confraternita di San Rocco non furono assolutamente di ‘ripiego’, ma anzi di deliberata ‘distinzione’ rispetto agli altri sodalizi ruvesi; e ciò vuoi per la bottega incaricata, una delle più rinomate nel settore della cartapesta – alla ‘rivale’, quella di Giuseppe Manzo, la Confraternita del Purgatorio aveva chiesto alcuni anni prima (1898-1901) la statua processionale della Pietà – vuoi per l’impianto compositivo del gruppo, completamente diverso da quanto fino ad allora spedito a Ruvo dai cartapestai leccesi.
Le otto figure che compongono il simulacro sono infatti ritratte mentre, dopo aver deposto Cristo dalla Croce, discendono dall’altura del Golgota, suggerita dal lieve innalzamento del basamento nella parte posteriore. Una scelta iconografica che esalta la funzione di «macchina da processione [della statua]: un teatro in movimento ma mesto, dove il dolore non è più disperazione bensì desolazione» (GAETA 2022, p. 193).
Dolore enucleato intorno al livido corpo del Cristo esanime, punto focale dell’azione, disteso su un lenzuolo tirato e tenuto saldamente agli angoli, davanti, da Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo – che, in quanto membro del Sinedrio e inefficace difensore di Cristo davanti ai sacerdoti, è stato riconosciuto da DI PALO (2002, p. 24) nella figura a destra più anziana, col copricapo e la barba bianca – entrambi concentratissimi. Più indietro un imberbe e giovane San Giovanni, col viso voltato a sinistra dallo sguardo afflitto e perso nel vuoto, tiene invece il corpo di Cristo sotto le braccia. Frena il lento avanzare del gruppo, suggerito dalle diagonali della gamba arretrata dei due personaggi anteriori, la ferma figura laterale della Vergine che, prossima a cadere in deliquio, è trattenuta in vita da un’energica pia donna posta alle sue spalle. Maria, direzionando il volto ceruleo e macerato dal dolore verso l’alto, sembra chiedere conto a Dio di quel sacrificio così grande, mentre con la mano destra appena sollevata sfiora il braccio pendulo del Figlio – secondo l’iconografia tradizionale dell’eroe mitologico Meleagro – e con quella sinistra regge a stento la corona di spine.
Chiudono il corteo, come anticipato, le Pie donne, le quali esprimono le diverse gradazioni di un disperato dolore, ossia Maria di Cleofa, Maria Salome e Maria Maddalena, quest’ultima l’unica chiaramente identificabile perché raffigurata secondo alcuni canoni iconografici: il manto arancio che le scopre le spalle tornite, il viso chino coperto e ombreggiato dalla lunga chioma ondulata. E a tal proposito è utile ricordare che, al fine di accentuare ulteriormente la drammaticità del gruppo sacro, negli anni Venti e probabilmente fino agli anni Quaranta, fu aggiunta una parrucca di capelli veri sul capo della Maddalena, mentre il corpo di Cristo fu avvolto da un vero lenzuolo (vedi la foto di una processione degli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso pubblicata in DI PALO 2002, p. 14).
Come correttamente rivelato per primo da DI PALO (2002, pp. 24-27), il singolare impianto del gruppo statuario trova in realtà ispirazione da un dipinto del pittore italosvizzero Antonio Ciseri (1821-91), il Trasporto di Cristo al sepolcro (1864-70) – anch’esso presto chiamato Deposizione, al pari della statua di Ruvo – destinato al santuario della Madonna del Sasso a Orselina (Canton Ticino; Svizzera). Dipinto che fu più volte replicato e fatto conoscere attraverso stampe e oleografie destinate a una devozione privata; una popolarità talmente vasta che è difficile oggi affermare con certezza se il celebre modello fu imposto al Caretta dai confratelli di Ruvo, se fu suggerito dalla devota nobildonna finanziatrice dell’opera, Rosina Ruta de Tommaso, o se più semplicemente fu scelto dal cartapestaio di Lecce, secondo le consuetudini di bottega, tra gli album di stampe, disegni, ritagli di giornale e cartoline circolanti nelle botteghe artistiche del tempo. Certo è che Caretta nella sua traduzione cartacea si attenne scrupolosamente al prototipo nel numero dei personaggi, nelle posture, nell’impianto generale e financo nei colori. Uniche varianti: il San Giovanni, in Ciseri più maturo, con pizzetto e capelli lunghi; l’angelo ‘erratico’, che viene fissato al gruppo, in occasione della processione, su un’asta metallica laterale avvolta da fiori e che inclinato verso il Cristo regge un’aureola illuminata da piccole lampadine (DI PALO 2002, p. 27); infine, come suggerito da Letizia GAETA (2022, p. 196), la Maddalena, in «Caretta, ripresa sì da quella di Ciseri, [ma che] ‘tradisce’, a mio parere, un interesse più scoperto per la comune fonte di ispirazione che sembra essere rintracciabile nella figura femminile che nel Monumento funebre di Maria Cristina d’Austria (1798-1805) di Canova reca nelle mani l’urna contenente le ceneri della defunta. Un sentore neoclassico che anche Ciseri aveva ben assimilato nell’accademia di Firenze con il maestro Pietro Benvenuti».
Questa ‘derivazione’ dimostra, secondo quanto sottolineato dal compianto Tonino CASSIANO (2008, p. 154), come la cartapesta leccese e salentina, dopo essersi ispirata nel Settecento alla «scultura lignea o marmorea dei grandi intagliatori adeguandosi al gusto barocco, nel corso dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento, invece, trova ispirazioni soprattutto nel repertorio e nei modi dell’accademismo e del purismo».
Che comunque matrici e modelli ispiratori rientrassero in un orizzonte geografico e devozionale molto vasto è dimostrato dagli altri due confronti suggeriti da DI PALO (2002, p. 28) per gli ‘Otto Santi’ di Ruvo, ossia quello con l’analoga statua lignea dello scultore spagnolo José Maria Garrós Nogué, eseguita nel 1901 per la processione detta del Santo Entierro che si tiene il Venerdì Santo a Zamora, e quello con il Trasporto al Sepolcro realizzato nel 1924 per la processione dei Misteri di Valenzano (vedi SCHEDA). Anche se in quest’ultimo caso il modesto gruppo statuario poté discendere direttamente da quello di Caretta, la cui fama di sicuro varcò presto la città di Ruvo diffondendosi tanto tra i cartapestai che tra gli stessi devoti-committenti. Ne è ulteriore prova una delle celebri ‘Varette’ – il termine vara o ‘varetta’, dal latino, si riferisce alle forcelle o aste utilizzate per condurre a spalla le immagini sacre – del Venerdì Santo di Barcellona (ME), dal 1835 unita amministrativamente a Pozzo di Gotto: il Trasporto di Cristo al Sepolcro del leccese Pietro Indino (1912-92) realizzato nel 1948, evidentemente ispirato a quello ruvese di Caretta anche se con un esito più algido (cfr. G. Trapani-A. Italiano-A. Il Grande, Le Varette di Barcellona Pozzo di Gotto, Giambra Editori, Terme Vigliatore 2015).
Bisogna infine evidenziare, come pure è stato fatto, che al di là della singolare declinazione artistica, la scelta a monte del soggetto del Trasporto al Sepolcro fu fortemente condizionata dal particolare momento storico vissuto dai ruvesi all’indomani della Grande Guerra. Se infatti il corpo di Cristo condotto nella tomba poteva evocare e pacificare gli animi di chi non aveva potuto seppellire i propri cari, il dolore della Vergine sembrava amplificare ed eternare quello di madri, mogli e sorelle; e pur tuttavia la consapevolezza della Resurrezione sottesa a quella sepoltura diventava per tutti un richiamo alla promessa di vita eterna, nella quale trova ragion d’essere la evidenziata assenza di disperazione del simulacro.
Simulacro che il 4 agosto 1926 seguì le sorti della Confraternita di San Rocco, la quale «presa da insano desiderio, per non dire altro», si trasferì nella chiesa del Redentore, a pochi passi dalla sua sede, portandovi «quasi tutto» compresa «la statua artistica della Deposizione di nostro Signore Gesù Cristo, che esce in processione nella Settimana Santa» e che fu collocata nell’attuale cappella della Madonna del Rosario (Notizie della Chiesa di S. Rocco della Città di Ruvo, manoscritto anonimo conservato presso l’Archivio della chiesa di San Rocco; cfr. PELLEGRINI 1994, pp. 109 figg. 89-91, 285-287 figg; IDEM 2007, pp. 22-24 figg.). Ma dopo soli dodici anni, nel 1937, sodalizio e simulacro tornarono definitivamente nella chiesetta di San Rocco.
Dopo decenni di utilizzo, come anticipato, nel 2001 il gruppo statuario venne sottoposto da Lidiana Miotto a restauro, a seguito del quale, oltre alla firma dell’autore e alla data, furono recuperati i colori e le fattezze originali delle figure; interventi e aggiunte di artigiani locali avevano infatti occultato l’anatomia dei piedi delle figure e la resa realistica di alcuni dettagli come i capelli, coperto in parte le spalle della Maddalena con un’integrazione del manto, esasperato le ferite di Cristo, aggiunto decori e modificato i colori delle vesti.
Un nuovo restauro si è poi reso necessario nel 2013, volto a rafforzarne la stabilità della statua, minata dall’umidità delle processioni notturne e dal trasferimento a Milano, nel 2008, per la mostra La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio.
La descritta drammatica teatralità del gruppo statuario trova modo di essere accentuata dalla studiata ‘regia’ del rito sacro.
La processione parte alle 2.30, nel buio della notte del Giovedì Santo, dalla piccola chiesa di San Rocco, sita nella piazza principale di Ruvo, piazza Matteotti. Il corteo è preceduto da un’antica croce processionale sulla quale sono dipinti i simboli della Passione e le parti martoriate di Cristo, testa, mani e piedi, seguita dai confratelli in ordine di anzianità, dai novizi ai più anziani per anni di adesione alla confraternita, i quali vestono un camice bianco con mozzetta rossa e sul capo hanno la cosiddetta ‘buffa’ di colore bianco. Poi, davanti a una folla ancora rumoreggiante e concitata, alle 3 in punto il suono della marcia funebre della banda annuncia l’uscita del gruppo statuario, attorniato da diverse lampade che accentuano la suggestione del momento, suscitando la commozione degli astanti, specie dei ruvesi emigrati. Precedono la statua, secondo un’usanza persasi in altre realtà cittadine, dei bambini vestiti con gli abiti dei personaggi della Passione, in particolare le tre Marie e la Madonna; mentre il simulacro è scortato dal priore della Confraternita al centro, riconoscibile dai tre nastrini dorati che orlano la mozzetta rossa, tra il secondo (due nastrini), il primo assistente (un nastrino) e il padre spirituale. Il gruppo degli Otto Santi, poggiato su un’artistica base processionale ‘in stile’, composta da più arcate a tutte sesto sorrette da colonnine e con agli angoli quattro valve di conchiglia dorate rinvianti a San Rocco, intagliata dal confratello Vincenzo Stragapede nel 1920, è condotto a spalla da 40 portatori disposti su tre fila in corrispondenza delle lunghe aste che sostengono il simulacro. I portatori, che si tramandano il compito a volte di padre in figlio, indossano un camice bianco, il cingolo alla vita, guanti neri e danno inizio al loro faticoso cammino, caratterizzato da un lento dondolio che asseconda il ritmo della nenia funebre, dopo l’incensazione della statua, la benedizione del padre spirituale e dopo essersi segnati col segno della croce.
Suggestivo è il percorso della processione che attraversa, rispettando un giro tradizionale, le strade strette e tortuose del centro storico ruvese illuminate da alcune luci appese ai balconi, da cui pendono anche lenzuola bianche che rinviano simbolicamente alla Sacra Sindone. Il rientro avviene intorno alle ore 9, quando una folla numerosa, assiepata anche sulla muraglia e sui balconi, vive un momento di grande tensione fisica e psicologica allorquando il gruppo statuario, dopo essere stato lentamente ruotato verso la piazza e il popolo, entra con un’operazione difficile e faticosa, perché successiva allo sforzo fisico profuso durante la processione, nella piccola porta della chiesa di San Rocco.

Bibliografia
  • F. Di Palo, Stabat Mater dolorosa: la Settimana Santa in Puglia: ritualità drammatica e penitenziale, Schena, Fasano 1992, pp. 249-268.
  • F. Di Palo, Passione e morte. La storia, i suoni, le immagini della Settimana Santa a Ruvo di Puglia, Schena, Fasano 1994, pp. 103-121.
  • V. Pellegrino, Ruvo Sacra, Schena, Fasano 1994, pp. 110-112.
  • F. Di Palo-L. Miotto, Otto Santi. Storia e restauro, Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi Ufficio per i Beni Culturali e l’Arte Sacra, Terlizzi 2002.
  • V. Pellegrini, Ruvo e San Rocco, CSL editrice, Terlizzi 2007, pp. 17 fig., 18-35, 38 fig., 47, 49 fig., 52 fig.
  • A. Cassiano in La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio, catalogo della mostra (Milano-Lecce; 2008), a cura di R. Casciaro, Cinisello Balsamo 2008, pp. 154-155 cat. 45.
  • Ruvo di Puglia, in Settimana Santa in Puglia, a cura dell’Associazione Culturale OPERA, Molfetta 2010, pp. 84-91.
  • L. Gaeta, Compianti e Addolorate di cartapesta: da una mostra a un progetto territoriale, in La storia dell’arte come impegno civile per il territorio. In ricordo di Sergio Ortese (1971-2019), a cura di L. Gaeta-N. Cleopazzo-M. Cesari, Congedo editore, Galatina 2022, pp. 193, 194-195 fig. 3, 196.
Galleria
Raffaele Caretta, Trasporto di Cristo al sepolcro (detto ‘Otto Santi’), 1920. Ruvo di Puglia (BA), Chiesa di San Rocco, confraternita dell’Opera Pia San Rocco (foto Nicola Cleopazzo)
Raffaele Caretta, Trasporto di Cristo al sepolcro (detto ‘Otto Santi’), 1920. Ruvo di Puglia (BA), Chiesa di San Rocco, confraternita dell’Opera Pia San Rocco (foto Nicola Cleopazzo)
Antonio Ciseri, Trasporto di Cristo al sepolcro, 1864-70. Orselina (Canton Ticino; Svizzera), santuario della Madonna del Sasso
Antonio Ciseri, Trasporto di Cristo al sepolcro, 1864-70. Orselina (Canton Ticino; Svizzera), santuario della Madonna del Sasso
Ruvo di Puglia (BA), uscita della processione degli Otto Santi dalla chiesa di San Rocco, Settimana Santa 2023
Ruvo di Puglia (BA), uscita della processione degli Otto Santi dalla chiesa di San Rocco, Settimana Santa 2023
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi per le vie della città, Settimana Santa 2022
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi per le vie della città, Settimana Santa 2022
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi, Settimana Santa 2023
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi, Settimana Santa 2023
Raffaele Caretta, Angelo, 1920. Ruvo di Puglia (BA), Chiesa di San Rocco, confraternita dell’Opera Pia San Rocco (foto Nicola Cleopazzo)
Raffaele Caretta, Angelo, 1920. Ruvo di Puglia (BA), Chiesa di San Rocco, confraternita dell’Opera Pia San Rocco (foto Nicola Cleopazzo)
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi al rientro, Settimana Santa 2023
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi al rientro, Settimana Santa 2023
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi al rientro, Settimana Santa 2022
Ruvo di Puglia (BA), processione degli Otto Santi al rientro, Settimana Santa 2022
Video: processione degli Otto Santi, Settimana Santa 2010