Autore: | Arturo De Vitis |
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Titolo: | Cristo all’orto / Cristo alla colonna / Ecce Homo / Cristo cade sotto la croce |
Comune: | ERCHIE (BR) |
Luogo: | Erchie (BR), chiesa di San Nicola, arciconfraternita dell’Immacolata Concezione, Sala dei Misteri |
Diocesi: | Oria |
Datazione: | 1920 |
Restauri: | 1960-62; 1993 Francesco Carrozzo; 2009 Pietro Balsamo |
Caratteristiche: | cartapesta policroma, 154×110 cm (Cristo all’orto), 139×52 cm (Cristo alla colonna), 145×64 (Ecce Homo), 170×64 (Cristo cade sotto la croce) |
Iscrizioni: | «A.ro De Vitis Lecce 1920» (solo l’Ecce Homo: «A. De Vitis 1920 Lecce») / «F CARROZZO RESTAURÒ 1993» (prima del restauro del 2009) |
Notizie storico-artistiche
Le quattro statue sono tra i sette simulacri che compongono la suggestiva processione dei Misteri che, come in molte altre realtà pugliesi, attraversa le vie del comune brindisino la sera del Venerdì Santo. Esse sono custodite all’interno della piccola chiesa di San Nicola – la quale si apre a sinistra della bella chiesa Matrice prospicente la piazza principale di Erchie – detta anche della Confraternita, perché sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata. L’edificio fu infatti fondato dalla congregazione, sorta all’inizio del XVII secolo – nel 1769 ottenne il regio Assenso e nel 1870 fu elevata ad Arciconfraternita – pochi anni dopo la sua istituzione (certamente prima del 1652, anno della prima attestazione della chiesetta in una visita pastorale).
Già una visita pastorale del vescovo di Oria monsignor Tommaso Maria Francia (1690-1719) del 27 novembre 1701 attesta che i confratelli partecipavano a una processione del Venerdì Santo con Cristo morto in una bara e l’Addolorata circondati da ceri accesi. Difatti, vent’anni dopo, in un’altra visita pastorale del vescovo Giovan Battista Labanchi (1721) veniva denunciata l’inopportuna collocazione della statua lignea del Cristo morto; cosicché nel 1730, su indicazione del prelato, i confratelli fecero intagliare una bara dorata che collocarono insieme al simulacro sull’unico altare della loro chiesa, affinché entrambi – segnalati nella stessa collocazione nelle visite pastorali del 1748 e del 1757 – venissero usati per la processione del Venerdì Santo. La statua lignea del Cristo morto adoperata nell’attuale processione dei Misteri, pur rimaneggiata nel corso dei secoli, dovrebbe essere quella citata in queste vecchie fonti.
Intorno al 1850, dopo un lungo periodo di decadenza e abbandono della chiesa – trovata «in stato deplorevole» e con «l’Urna del SS.mo mal ridotta» durante una visita pastorale del 1820 – la confraternita si dotò di una statua dell’Addolorata (probabilmente il manichino con mani e viso in terracotta ancora oggi usato durante la processione del Venerdì Santo; cfr. RIZZATO 2005, pp. 134 fig., 135) e di alcune statue dei Misteri, pochi decenni dopo andate disperse. Queste ultime però ancora registrate, insieme all’Addolorata e al Cristo morto, nella visita pastorale di monsignor Teodosio Maria Gargiulo del 1896: «1 Statua dell’Addolorata […] 1 Urna per Cristo Morto, i Misteri e la Via Crucis [il corsivo è mio]» (MORLEO 1993, p. 231).
Difatti nel 1920 la Congrega, su consiglio del padre spirituale don Florenzo Saraceno, acquistò quattro nuove statue dei Misteri, quelle qui esaminate, dal 1984 conservate nella vecchia sacrestia – già attestata nelle visite pastorali del Settecento – adibita da quell’anno a Sala dei Misteri per volontà del priore Vito Palmisano, che nel frattempo aveva concluso i lavori di costruzione del salone adiacente la chiesa utilizzato da allora per le riunioni dei confratelli.
Il restauro condotto sulle quattro statue dal maestro cartapestaio Pietro Balsamo di Francavilla Fontana (vedi SCHEDA-CARTAPESTAI/RESTAURATORI), nel 2009, ha fatto riemergere, sotto strati di ridipintura legati ai precedenti interventi, la firma dell’autore e la data di esecuzione (1920) dei simulacri, nonché le loro ottime qualità formali, anatomiche, espressive e cromatiche. Essi sono infatti caratterizzati da sguardi pietosi e intensi, cromie decise, incarnati lividi, anatomie precise; qualità tipiche di Arturo De Vitis e condivise col suo principale maestro, Giuseppe Manzo, a cui le caratteristiche stilistiche delle statue inequivocabilmente rimandano.
A tal proposito non è un caso che sull’altare maggiore della chiesa Matrice di Erchie campeggi un rilievo in cartapesta con la Madonna bambina in una gloria di angeli (la Bambinella) terminato, come recita l’iscrizione, proprio dal De Vitis nel 1928. Il grande ‘quadro’ doveva in origine comporre un trittico insieme a due ovali con le sante Lucia e Irene destinati ai due lati dell’abside, oggi posizionati nella controfacciata della chiesa, in alto ai lati del finestrone, e richiesti allo stesso De Vitis proprio nel 1920 – anche in questo caso data e firma sono iscritte sulle opere – da don Florenzo in sostituzione (pare) di due statue lapidee di San Michele e San Vito (ora all’ingresso del Cimitero). Trittico che si collega a una fase di riammodernando decorativo della principale chiesa ercolana voluta dal suo parroco e presumibilmente commissionato, in unico ‘pacchetto’, insieme alle statue collocate nelle nicchie lungo la navata dell’edificio – molte della quali datate 1920 e riconducibili allo stesso De Vitis – e ai Misteri per San Nicola (cfr. MORLEO 1993, p. 154; RIZZATO 2005, pp. 60 fig., 61, 62 fig., 63; MORLEO 2012, pp. 43, 45 figg.18-21, 46-47 figg. 22-27, 159 fig. 95).
Completa la processione del Venerdì Santo di Erchie, insieme alle sei statue fin qui ricordate, un Crocefisso di fattura più moderna realizzato dal leccese Pietro Indino (1912-92), donato negli anni Ottanta del Novecento alla nuova parrocchia del SS.mo Salvatore (MORLEO 1993, p. 256; RIZZATO 2005, pp. 222 fig., 223).
Bibliografia
- C.V. Morleo, Erchie: dalle origini ad oggi, Oria 1993, pp. 215-231, 233.
- P. Rizzato, Arte sacra in Erchie. Itinerario tra i beni artistici delle chiese e dintorni con cenni storici e riferimenti a riti e tradizioni locali, Brindisi 2005, pp. 124-137.
- C.V. Morleo, Erchie. Chiesa matrice Natività di Maria Vergine e Santa Irene, Oria 2012, pp. 100, 105-106 figg. 87-89.