Autore: | Ignoto cartapestaio salentino dei sec. XIX-XX |
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Titolo: | Cristo nell’orto degli ulivi / La Flagellazione / Ecce Homo / Cristo portacroce / Cristo Crocifisso / la Pietà / Cristo Morto |
Comune: | CASTELLANETA (TA) |
Luogo: | Castellaneta (TA), cattedrale |
Diocesi: | Castellaneta |
Datazione: | 1851; primi anni del XX sec. |
Restauri: | 2015 e anni seguenti |
Caratteristiche: | Cartapesta policroma (carta, tela di sacco e gesso); 160 cm Cristo morto |
Iscrizioni: |
Notizie storico-artistiche
Anche a Castellaneta i riti della Settimana Santa iniziano con la processione dell’Addolorata, per le vie del centro storico, il Venerdì di Passione antecedente la Domenica delle Palme e proseguono, subito dopo la celebrazione in cattedrale della Santa Messa ‘in Coena Domini’, col pellegrinaggio dei ‘Perdoni’ (membri incappucciati delle diverse confraternite) nella serata del Giovedì Santo agli altari della Reposizione allestiti in ciascuna parrocchia.
I riti più articolati e partecipati sono però la processione dei Misteri del pomeriggio del Venerdì Santo e quella di Gesù Morto, curata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, delle prime ore del mattino del Sabato Santo, le quali attualmente hanno entrambe come punto di partenza la cattedrale della città tarantina.
Ma fino al 1929 la sera del Venerdì Santo si svolgevano a Castellaneta più processioni, la più importante delle quali era proprio quella dei Misteri organizzata alternativamente dalle confraternite di San Francesco da Paola e di Maria Santissima Addolorata, la quale partiva intorno alle 18 dalla chiesa di San Michele. Già infatti dal 1850, come attestato da una visita pastorale, la confraternita di San Francesco di Paola, «di recente costituita [1836] si raccoglie[va] per gli esercizi di pietà nella chiesa di S. Michele», poi nel 1874 aveva ottenuto dalla Congregazione di Carità del Comune di Castellaneta «la manutenzione e conservazione della [medesima] Chiesa suburbana», poiché le rendite della confraternita di Gesù, Maria e Michele, preposta alla cura dell’edificio di cui restava comunque proprietaria, «sono ridotte in condizione tale da non poter sopperire a tutt’i bisogni» (MICCOLI 2007, p. 39 con rinvio alle fonti alle note 3-4).
La cogestione della processione da parte delle due confraternite prima citate fu però sul punto di interrompersi nel 1904. Nel verbale di una riunione della confraternita di San Francesco di Paola del 17 gennaio è infatti riassunto un contenzioso con la congrega dell’Addolorata, la quale il 21 ottobre 1903 aveva inviato alla prima una «notificazione», firmata dal priore Nicola Pepe, con la quale aveva suggerito di «sciogliere la società circa i Misteri. All’uopo proponeva o di acquistare o di vendere quel diritto che da una delle due Congregazioni poteva vantarsi. La confraternita di S. Francesco di Paola preferiva l’acquisto di misteri di proprietà della congregazione dell’Addolorata». In seguito erano però sorte delle «controversie», cosicché per difendere i suoi diritti la confraternita di San Francesco elesse nella seduta una commissione, ponendo in essa piena fiducia «vietandole, però, assolutamente di cedere a qualsiasi diritto in favore della Congrega dell’Addolorata». A tale scopo furono quindi approvate delle assai interessanti «Condizioni per la vendita o acquisto delle Statue rappresentanti i Misteri di N.S.»: 1) la vendita doveva essere fatta «in base alla perizia di uno statuario di Taranto o di Lecce»; 2) il prezzo di acquisto doveva essere corrisposto in tre rate annuali senza interessi; 3) nella vendita erano compresi anche «gli stiponi ove sono depositate le Statue»; 4) le spese della perizia sarebbero state detratte dal prezzo di acquisto delle Statue; 5) in caso di acquisto da parte della congrega dell’Addolorata questa era tenuta a comprare anche il simulacro del Cristo Morto di «esclusiva proprietà della Confraternita di S. Francesco»; 6) dietro consenso delle rispettive congreghe, sarebbe stato redatto dai priori regolare atto di compravendita a spese dell’acquirente; 7) «tutti gli oggetti inerenti alle Statue saranno compresi nel contratto col proprio valore» (Archivio della Confraternita di San Francesco di Paola [d’ora in poi ACSFP], Libro delle Conclusioni, 1893-1924, riunione del 17 gennaio 1904, chiesa di S. Giuseppe, pp. 104-105, in ESPOSITO 1996, pp. 47-48 nota 34; cfr. anche MICCOLI 2007, p. 45).
La cogestione della processione da parte delle due confraternite prima citate fu però sul punto di interrompersi nel 1904. Nel verbale di una riunione della confraternita di San Francesco di Paola del 17 gennaio è infatti riassunto un contenzioso con la congrega dell’Addolorata, la quale il 21 ottobre 1903 aveva inviato alla prima una «notificazione», firmata dal priore Nicola Pepe, con la quale aveva suggerito di «sciogliere la società circa i Misteri. All’uopo proponeva o di acquistare o di vendere quel diritto che da una delle due Congregazioni poteva vantarsi. La confraternita di S. Francesco di Paola preferiva l’acquisto di misteri di proprietà della congregazione dell’Addolorata». In seguito erano però sorte delle «controversie», cosicché per difendere i suoi diritti la confraternita di San Francesco elesse nella seduta una commissione, ponendo in essa piena fiducia «vietandole, però, assolutamente di cedere a qualsiasi diritto in favore della Congrega dell’Addolorata». A tale scopo furono quindi approvate delle assai interessanti «Condizioni per la vendita o acquisto delle Statue rappresentanti i Misteri di N.S.»: 1) la vendita doveva essere fatta «in base alla perizia di uno statuario di Taranto o di Lecce»; 2) il prezzo di acquisto doveva essere corrisposto in tre rate annuali senza interessi; 3) nella vendita erano compresi anche «gli stiponi ove sono depositate le Statue»; 4) le spese della perizia sarebbero state detratte dal prezzo di acquisto delle Statue; 5) in caso di acquisto da parte della congrega dell’Addolorata questa era tenuta a comprare anche il simulacro del Cristo Morto di «esclusiva proprietà della Confraternita di S. Francesco»; 6) dietro consenso delle rispettive congreghe, sarebbe stato redatto dai priori regolare atto di compravendita a spese dell’acquirente; 7) «tutti gli oggetti inerenti alle Statue saranno compresi nel contratto col proprio valore» (Archivio della Confraternita di San Francesco di Paola [d’ora in poi ACSFP], Libro delle Conclusioni, 1893-1924, riunione del 17 gennaio 1904, chiesa di S. Giuseppe, pp. 104-105, in ESPOSITO 1996, pp. 47-48 nota 34; cfr. anche MICCOLI 2007, p. 45).
La compravendita però non fu mai conclusa e anzi il priore Nicola Pepe intraprese una causa civile. Il 18 gennaio 1905 il sindaco di Castellaneta, cavalier Rocco Francesco Patarino (1860-1910), incaricato dal Sottoprefetto di Taranto, convocò allora i rappresentanti delle due congreghe nella Casa Comunale e propose loro un accordo col quale «si rimase come per lo passato»; ossia ogni confraternita, ad anni alterni, avrebbe gestito la processione dei Misteri senza interferire sull’altra per quanto atteneva a spese e incassi, prestando inoltre, a seconda dei casi, o il simulacro dell’Addolorata o quello di Gesù morto. Il primo, come si evince da questo passo, di proprietà della confraternita dell’Addolorata, il secondo della congrega di San Francesco di Paola, come d’altronde precisato nel verbale del 1904; mentre i rimanenti Misteri dovevano essere in comproprietà (ACSFP, Libro delle Conclusioni, 1893-1924, riunione del 22 gennaio 1905, chiesa di S. Giuseppe, p. 131, in ESPOSITO 1996, p. 48 nota 34; cfr. anche MICCOLI 2007, pp. 45-46, 50-51).
L’accordo venne però formalizzato dai due rispettivi priori (Angelo Loreto per l’Addolorata e Francesco Prenna per San Francesco) solo nel 1919, protraendosi fino al 1945, quando la confraternita dell’Addolorata affidò la statua mariana all’altra congrega rinunciando a ogni diritto processionale su di essa. Difatti proprio in questo lasso di tempo, in occasione di una visita pastorale del 1934, in risposta al questionario erogato dall’Ufficio della Sacra Visita, il canonico Raffaele Forte, rettore della confraternita di San Francesco, precisava che i confratelli la sera del «Venerdì Santo portano in processione solenne i S.ti Misteri di N.S.G.C.» (MICCOLI 2007, p. 54, con rinvio alla fonte a nota 46).
In quei primi decenni del Novecento la processione dei Misteri era aperta dagli incappucciati, uno dei quali portava la croce coi simboli della Passione, seguiti dagli uomini della cosiddetta ‘colonna’: due fila di uomini incolonnati che camminavano ai bordi della strada con passo assai lento vestendo abito, papillon nero, scarpe, guanti bianchi, camicia bianca e col capo cinto da una corona di spine. Venivano poi le statue dei Misteri, portate a spalle dai confratelli, l’ultima delle quali era il Cristo Morto scortato dalle autorità locali e dalla banda; quindi la colonna delle donne vestite di nero, con i guanti bianchi e i capelli sciolti in segno di lutto, che precedevano il simulacro dell’Addolorata col vestito nero di seta cordonata, colletto e fazzoletto bianco sulla mano sinistra, velo nero, pugnale infilzato nel cuore.
Nella stessa sera del Venerdì Santo la congrega del Crocifisso organizzava la processione della statua a mezzo busto dell’Ecce Homo, che usciva dalla cattedrale, dalla quale partiva anche l’Addolorata, che durante il suo percorso si univa alla processione dei Misteri. Dalla chiesa di San Giuseppe usciva la processione della Deposizione, organizzata dalla congrega di San Francesco, che, come quella dell’Addolorata, si univa in seguito alla processione generale. L’ultima processione era infine quella della Madonna del Rosario, organizzata dall’omonima confraternita, il cui simulacro mariano vestito di nero veniva ‘adattato’ a fungere da Addolorata. Segni distintivi per gli affiliati delle congreghe erano i medaglioni e soprattutto il colore della mozzetta, indossata sopra la veste bianca (SS. Sacramento: celeste; San Francesco: marrone; Addolorata: nero; Crocefisso: rossa; Madonna del Rosario: rosso granata). Tutti i cortei non avevano orari prestabiliti per cui poteva accadere che le diverse processioni talvolta si incontrassero durante il cammino provocando enorme confusione (LORETO 1978, pp. 21-23; ESPOSITO 1996, pp. 47-49).
Nel 1929 al termine della processione dei Misteri il parroco di San Michele, don Giuseppe Morea (1876-1949), chiuse la porta della chiesa, da cui il rito aveva inizio, come segno di protesta verso i fedeli che non avevano rispettato l’orario concordato per il rientro delle statue. In realtà la decisione del parroco fu una risposta istintiva a un’offesa ricevuta da Francesco Prenna, già priore della confraternita di San Francesco di Paola (cfr. ESPOSITO 1996, p. 52).
Fatto sta che dal 1930 le processioni dell’Ecce Homo e della Madonna del Rosario vestita da Addolorata vennero soppresse, mentre sempre da allora secondo alcuni, nel 1940 circa per altri, tutte le statue dei Misteri furono portate in cattedrale per uscire in processione unicamente da questa sede, «forse per motivi di spazio, di comodità, di organizzazione e anche perché questa processione doveva uscire dopo le tre ore di agonia, che venivano celebrate nella Cattedrale» (LORETO 1978, pp. 24-25; ma vedi anche ESPOSITO 1996, p. 52). La processione, che usciva alle ore 18 e rientrava intorno a mezzanotte attraverso il portone principale della cattedrale, continuò comunque a essere co-curata come si è detto dalle confraternite dell’Addolorata e di San Francesco, mentre dal 1926 il circolo giovanile di Azione Cattolica ‘Dio e Patria’, fondato dal citato parroco Morea nel 1922, provvedeva «ad assicurare il numero necessario dei portatori (la cosiddetta ‘colonna’) della bara di Cristo morto, oltre ad assumersi l’onere finanziario del complesso bandistico, del predicatore di turno, dell’illuminazione a gas delle statue e delle altre minute spese» (ESPOSITO 1996, pp. 52-53).
Quando ancora la processione dei Misteri partiva dalla chiesa di San Michele, poco prima del rito sulle scale dell’edificio si svolgeva la tradizionale asta delle statue, detta ‘la candela’. Regolamentata dalle due confraternite proprietarie dei simulacri, vi partecipavano specifiche categorie di lavoratori: muratori, fornai e ferrovieri. L’asta veniva chiusa quando risultava battuto lo stesso numero delle scale della chiesa di San Michele e l’aggiudicazione, spesso ottenuta dai muratori più raramente dai ferrovieri, oscillava negli anni Venti tra le 70 e le 100 lire (cfr. ESPOSITO 1996, p. 49; da diversi decenni l’asta è stata abolita e le statue vengono assegnate ai componenti della ‘colonna’ sulla base di una volontaria contribuzione).
A partire dagli anni Cinquanta diventò progressivamente sempre più difficile organizzare la processione. Vani furono i tentativi dei priori delle congregazioni impegnate di unirsi e gestire con le altre confraternite le varie necessità organizzative (tra cui il reperimento dei portatori delle statue); ogni ente spesso avanzò anzi il pretesto dei diversi impegni da assolvere durante la Settimana Santa pur di declinare tali inviti (cfr. il rifiuto del 20 marzo 1953 del priore della confraternita del Santissimo Sacramento, Giacinto Bianco, all’invito di collaborazione rivoltogli da quello di San Francesco di Paola, forse motivato dall’estrema cura che da sempre la prima congrega riponeva verso la processione del Sabato Santo, sfociando spesso in una vera e propria ‘rivalità’ organizzativa con chi gestiva invece quella dei Misteri; cfr. ESPOSITO 1996, p. 53 nota 39). Una delle conseguenze di questo periodo di crisi del rito fu che i Misteri cominciarono a essere portati in spalla non più dai confratelli, a causa del loro numero ristretto e della riduzione delle confraternite da cinque a tre (dopo l’estinzione delle confraternite del Crocefisso e della Madonna del Rosario), ma dagli uomini della colonna, anch’essi comunque di numero inferiore rispetto al passato.
Fu così che dal 1960, anche a causa della congiunturale diminuzione del numero di iscritti dell’Azione cattolica, da alcuni decenni determinanti insieme ai confratelli, come si è visto, per la conduzione del rito, la responsabilità gestionale della processione dei Misteri fu affidata alla parrocchia cattedrale.
Invano il 1 febbraio 1965 il parroco di quest’ultima, don Luigi Gozzi, esortò le congreghe dell’Addolorata e di San Francesco di Paola perché continuassero ad assumersi l’onere dell’organizzazione del rito, potendo contare anche sui giovani dell’Azione Cattolica della sua chiesa, «in modo che la processione dei misteri torni a essere una eloquente manifestazione di fede ed un ricordo vivo della nostra Redenzione» (ACSFP, cartella documenti spuri, nota del parroco don Luigi Gozzi del 1 febbraio 1965; in MICCOLI 2007, p. 57; vedi anche ESPOSITO 1996, pp. 53-54). Il priore di San Francesco, cavalier Antonio Rizzi (1922-95), di fatto chiuse la questione allorché l’8 marzo scrisse al parroco che «per ragioni di riordinamento della confraternita e per mancanza di confratelli atti a tale compito, non posso assumermi la responsabilità della Processione del Venerdì Santo» (ACSFP, documenti spuri, nota del priore cav. Antonio Rizzi dell’8 marzo 1965, citato in MICCOLI 2007, p. 58).
Oggi la processione dei Misteri continua a essere organizzata dalla parrocchia Cattedrale, con la sola collaborazione della Confraternita di San Francesco da Paola e della Confraternita Maria Santissima Addolorata, la quale, eretta canonicamente nel 1776 ma forse fondata nel 1740 e di certo attiva dal 1742, continua a curare il culto verso il simulacro dell’Addolorata, un manichino ligneo apparentemente ottocentesco – una datazione alla metà del XIX secolo è difatti riportata in ESPOSITO 1996, p. 54 nota 43; mentre viene ricondotto al Settecento in LORETO 1978, p. 24 – custodito in cattedrale e portato in corteo anche durante la processione penitenziale dei Dolori di Maria del cosiddetto Venerdì di Passione.
Annunciata la loro uscita dalla cattedrale da confratelli e ragazzi muniti di ‘tocca tòcche’, battole di legno di forma rettangolare e terminanti a punta, munite di maniglie metalliche su entrambi i lati, agitate ritmicamente e dalle ‘tròzzele’, ruote dentate montate su un perno girevole che producono un rumore fragoroso nell’attrito con una lamina flessibile di legno, le statue dei Misteri vengono portate a spalla da uomini, e negli ultimi anni anche da donne, incappucciati e scalzi che vestono un saio bianco stretto in vita da un cordone. La colonna di uomini vestiti di nero continua a esserci ma è ridotta rispetto al passato e cura soltanto il trasporto della bara di Gesù Morto, affiancata da quattro lampieri e dalle autorità locali, che dal 1977 vi partecipano spontaneamente e non su invito come in passato. Infine il simulacro dell’Addolorata, scortato dai confratelli dell’omonima confraternita, è seguito da una doppia fila di donne – la cui prevalente giovane età in passato portava la cultura popolare a legare la loro partecipazione allo scioglimento di un voto matrimoniale – con vestito e velo nero, che si alternano nel portarlo a spalla cantando struggenti canti, tra cui l’inno Sulla Salma Insanguinata (1850) introdotto a Castellaneta nel 1933, accompagnate dal suono della banda, rendendo l’atmosfera particolarmente mesta e grave (vedi LORETO 1978, p. 25; ESPOSITO 1996, pp. 67-76).
Illuminano oggi le statue delle moderne luci elettriche, ma fino agli scorsi anni Sessanta esse erano illuminate da lampade a gas e solo Gesù Morto da batterie a motori, questo perché, intorno al 1940, il velo funebre che ricopriva la bara del simulacro prese improvvisamente fuoco, prontamente spento grazie ai riflessi di un vigile urbano che domò le fiamme col proprio mantello (ESPOSITO 1996, pp. 54, 58 nota 43).
Le statue che sfilano in processione attraverso le suggestive vie, i vicoli e i pendii del paese, tra due ali di folla, sono in ordine Cristo nell’orto degli ulivi, chiamato in dialetto castellanetano Crist’ a Palm (Cristo alla palma) ; La flagellazione (Cristo alla colonna) , L’Ecce Homo (Cristo alla canna) , Cristo portacroce (Cristo alla croce) , La Crocefissione (il Calvario) , la Pietà, Cristo Morto e la già citata Addolorata, l’unica lignea.
La loro storia, come quella di tutta processione dei Misteri, è come si è visto strettamente congiunta a quella delle confraternite dell’Addolorata e di San Francesco di Paola.
I documenti d’archivio hanno finalmente attestato e confermato che una parte di queste statue, in passato genericamente datate all’Ottocento o tutt’al più «verso la fine del 1800» e collegate a una richiesta da parte delle due confraternite «ad un cartapestaio di Lecce», furono in effetti realizzate nel capoluogo salentino nel 1851; contravvenendo a un’altra notizia, rivelatasi senza fondamento, secondo la quale esse furono eseguite a Taranto e non a Lecce «intorno al 1860» (cfr. LORETO 1978, p. 24; ESPOSITO 1996, pp. 49, 54).
Nel 1851, infatti, i confratelli delle due congreghe incaricarono il signor Francesco De Meo di ritirare cinque Misteri e il simulacro del Cristo Morto da un artista di Lecce – di cui purtroppo non è specificato il nome – al quale fu demandato anche il compito di costruire le basi, con relative stanghe, in seguito verniciate dal signor Garganese (Archivio storico della Confraternita Maria Santissima Addolorata). È possibile quindi che l’istituzione della processione dei Misteri risalga allo stesso 1851, contrariamente a quanto in precedenza supposto e cioè che le statue della Passione di Cristo si aggiunsero a quelle preesistenti del Gesù Morto e dell’Addolorata, di proprietà rispettivamente della confraternita di San Francesco e di quella dell’Addolorata, facendo assumere una nuova denominazione al rito (ESPOSITO 1996, p. 49). Il simulacro del Cristo Morto venne infatti commissionato, insieme ai Misteri, solo nel 1851 e venne forse citato separatamente nel documento menzionato proprio perché richiesto e acquistato dai soli confratelli di San Francesco.
Già durante una visita pastorale del vescovo monsignor Gaetano Bacile di Castiglione (1880-86) del 1881-82, ai tempi in cui alla congrega di San Francesco di Paola era consentito adunarsi ed effettuare gli esercizi di pietà nella chiesa e nella sagrestia di San Michele, ancora di proprietà della confraternita di Gesù, Maria e San Michele, in un elenco delle opere d’arte esistenti in chiesa erano citati proprio quei sei «Misteri della Passione di Gesù Cristo della Congrega di S. Francesco di Paola […] Immagine di Cristo nell’orto, immagine di Cristo legato alla colonna, immagine di Cristo Ecce Homo, immagine di Cristo che cade sotto la croce, immagine di Cristo in croce, immagine di Cristo morto» (Archivio della Curia vescovile di Castellaneta, Santa Visita di Mons. Bacile, 1881/82, vol. 18, Regole della Congrega di S. Francesco di Paola, ff. 297-315; f. 313 Misteri della Passione di Gesù Cristo della Congrega di S. Francesco di Paola, in MICCOLI 2007, p. 40).
Misteri che evidentemente rimasero in quella chiesa finché non furono trasferiti in cattedrale (1930-40 circa, vedi supra), anche se la confraternita di San Francesco da Paola dal 21 dicembre 1902 cominciò a riunirsi nella chiesa di proprietà privata di San Giuseppe, essendo quella di San Michele divenuta quell’anno la seconda parrocchia cittadina (nel 1959 la confraternita si sarebbe trasferita nella chiesa di Santa Caterina, sede di tutte le congreghe fino agli anni Sessanta dello scorso secolo, e infine nella sede attuale in via Vittorio Emanuele, donata da un ex confratello negli anni Trenta; cfr. ESPOSITO 1996, p. 25 nota 15; MICCOLI 2007, pp. 44, 56).
Non è un caso allora che proprio in quei primi anni del Novecento, come abbiamo visto, da San Giuseppe uscisse la processione della Deposizione gestita dalla medesima congrega, separata da quella dei Misteri che continuava a uscire da San Michele. Deposizione o Pietà che è l’unico dei Misteri a non essere registrato nella visita del 1881-82 e quindi verosimilmente non compreso nel gruppo dei cinque (più il Cristo morto) commissionati nel 1851. Come a ragione veniva già sottolineato nel 1978 la statua venne quindi «aggiunta alle altre in epoca successiva ed appare chiaramente opera di artista diverso da quello delle altre, presentando una coloritura e un viso diversi rispetto alle altre statue e a quella di Gesù Morto» (LORETO 1978, p. 23). Si potrebbe anzi ipotizzare che il suo più modesto esecutore, che carica il simulacro di un elementarismo espressivo e di sottili e affastellate pieghe cartacee, lo abbia eseguito in anni prossimi al trasferimento della confraternita nella chiesa di San Giuseppe.
Per quanto riguarda invece il simulacro cartaceo di Gesù morto, realizzato nel 1851, nel 1988 esso fu sostituito per la processione da un’‘algida’ statua lignea scolpita dal maestro di Ortisei (BZ) Christian Stuflesser. L’opera venne donata dai coniugi Maria Fortunato e Raffaele Chirico in memoria del figlio Pasquale, tragicamente scomparso in mare a Castellaneta Marina (TA) il 9 agosto 1986 un mese prima delle nozze, andando incontro al desiderio del parroco della cattedrale, don Luigi Gozzi, di far realizzare per la chiesa un simulacro che rispecchiasse il volto della ‘Sacra Sindone’, a seguito della disponibilità delle immagini computerizzate della NASA (vedi ESPOSITO 1996, pp. 58-59, 60 tav. XXXII-XXXIII).
Da qualche anno però la «SS. Statua di Gesù Cristo morto» in cartapesta «di proprietà della Congrega» è tornata a essere utilizzata durante la processione del Venerdì Santo. Si tratta della stessa statua il cui «diritto di vestire ed adornare, in occasione della Settimana Santa», ab antiquo riconosciuto «alla signora Marta Casamassima», in una scrittura privata senza data firmata dal priore di San Francesco, Vito Antonio Lopizzo (eletto nel 1911), passò alla figlia della donna, Amelia Gravina, ed eventualmente ai suoi eredi «in infinito senza che alcuno si possa opporre» (MICCOLI 2007, p. 55 con rinvio alla fonte a nota 50).
Diversi dati tecnici sulle statue dei Misteri sono stati riportati nel 1996 da Michele Esposito, il quale ad esempio ha puntualizzato che il telaio interno dei simulacri, secondo la tradizione tecnica salentina, è costituito da una struttura in ferro infissa nelle basi lignee, sulla quale poi la forme anatomiche e i panneggi sono ottenuti apponendovi «un impasto di carta, tela di sacco e gesso»; che il peso medio dei ‘Misteri’ è di quindici chili cadauno, a eccezione del Calvario e della Pietà che pesano invece più di trenta chili; che il simulacro del Cristo Morto, lungo 160 cm, si distingue tecnicamente dagli altri Misteri perché dotato di una struttura in paglia e non in ferro – ciò evidentemente dovuto all’impianto compositivo del soggetto – e per un peso complessivo di ben cinquanta chili (ESPOSITO 1996, p. 54 nota 43).
Restaurate negli ultimi anni, a partire dal 2015, le statue del 1851 rivelano oggi un buon livello di esecuzione del loro anonimo autore, specie nella definizione dei dettagli dei visi fini e delicati – quali le sopracciglia sottili, le ciocche dei capelli scriminati e il caratteristico doppio ciuffo di barba – nella costruzione plastica delle pieghe cartacee o nel cromatismo espressivo (le occhiaie livide, le guance rosee o violacee, gli incarnati quasi diafani). Si tratta evidentemente delle stesse qualità riscontrabili, assieme ad alcune evidenti debolezze di definizione anatomica, nei Misteri di Noicattaro (BA; vedi SCHEDA). Statue queste ultime che, pur ancora appesantite da spessi strati di ridipintura, sono talmente vicine anche in certi dettagli ‘morelliani’ (come le mani dalle dita ‘tubolari’ o gli squarci sanguinanti delle ferite) ai simulacri di Castellaneta, che non si farà fatica ad assegnarle allo stesso sconosciuto cartapestaio, attivo a Lecce a metà Ottocento, a cui furono richiesti i Misteri del paese tarantino.
Dirimenti possono infatti essere i confronti tra le due versioni del Cristo nell’orto degli ulivi, del Cristo alla colonna o del Crocefisso, lo stesso che a Castellaneta il Giovedì Santo, fino al 1920, veniva prestato dalla confraternita di San Francesco di Paola alla Confraternita del Crocefisso «per le ore dell’agonia in cattedrale» (ACSFP, Libro delle Conclusioni, 1893-1924, p. 223, riunione del 1 novembre 1920, in MICCOLI 2007, p. 50).
Bibliografia
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Riti e tradizioni della Settimana Santa a Castellaneta, a cura di R. Loreto, Edizioni IPC ‘M. Perrone’, Castellaneta 1978.
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L. Gozzi, Espressioni di ‘pietà popolare’ nella Settimana Santa a Castellaneta, Policarpo, Castellaneta 1988.
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M. Esposito, I riti della Settimana Santa a Castellaneta tra fede e cultura popolare, con interventi di M. Scarafile e L.A. Losito, s.n., Castellaneta 1996.
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A. Miccoli, La confraternita di San Francesco da Paola in Castellaneta, Policarpo, Castellaneta 2007.
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D. Terrusi, Tradizioni popolari religiose e festività, in Castellaneta città del mito: centro storico, territorio, tradizioni, a cura di A. Miccoli, Congedo, Galatina 2008, pp. 215-218.
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A. Loreto, Nuova luce da uno sei simboli più amati, in I riti della Settimana Santa. Taranto, Grottaglie, Martina Franca, Castellaneta, Ginosa, Mottola, Lizzano, Francavilla Fontana, supplemento a «La Gazzetta del Mezzogiorno», Edisud, Bari 2019, pp. 109, 111.