Annunciata

Annunciata

Autore: Ignoto cartapestaio del sec. XVIII (Pietro Surgente?)
Titolo: Annunciata
Comune: TUGLIE (LE)
Luogo: Chiesa Matrice dell’Annunziata
Diocesi: Nardò-Gallipoli
Datazione: Seconda metà del sec. XVIII-ante 1773
Restauri: Fine anni ’60 XX sec., Antonio Malecore; 2011-12 Lidiana Miotto
Caratteristiche: Cartapesta policroma, cm 200x130x100 ca.
Iscrizioni:

Notizie storico-artistiche

Nella visita Pastorale del 1452-53 del vescovo di Nardò Ludovico de Pennis (1451-84), veniva già registrata la presenza nel Casale di Tuglie di una cappella rurale dedicata a «Sanctae Mariae Nunciatae». La chiesetta custodì questo Titolo nei 250 anni successivi, durante l’abbandono del Casale per le incursioni turche, fino a quando Tuglie, fra Sei e Settecento, non visse una intensa rinascita, conservando l’antico Patronato e avviando nel 1721 la costruzione della nuova Parrocchiale che fu aperta al culto il 25 marzo 1734, giorno dedicato all’Assunta.
Nel 1737, raggiunta una popolazione di oltre 600 abitanti, Tuglie ottenne da Carlo III di Borbone il titolo di “Magnifica Università”, scegliendo come civico patrono San Giuseppe – per i cui festeggiamenti l’Università dispose la somma annua di cinque ducati e venti grana – e come Protettrice religiosa l’Annunziata. In quegli anni fu di conseguenza istituita la Confraternita di San Giuseppe Patriarca, allogata in un piccolo Oratorio adiacente la Parrocchiale, la quale insieme alle altre due esistenti e già funzionanti sempre all’interno della Parrocchia, del Santissimo Sacramento (1720) e delle Anime del Purgatorio di poco successiva, fu per “regolamento” obbligata a curare le processioni dei Patroni.
I festeggiamenti patronali sono di fatto già attestati come ‘consueti’ e confermati nel Catasto Onciario del 1749. Essi si svolgevano nell’intervallo di date compreso tra il 19 e il 25 marzo, tranne nei casi di coincidenza con la Pasqua, quando la festa patronale veniva inevitabilmente posticipata. Da allora la festa congiunta della Vergine patrona e del compatrono, San Giuseppe, si è tenuta ininterrottamente sempre in quelle date e con gli stessi ‘limiti’; a eccezioni degli anni intorno al 1858/60, quando, feste e fiere furono vietate dalle autorità per evitare assembramenti di persone e possibili disordini antiborbonici, mentre la processione delle due statue ha di recente subito un obbligato arresto per la pandemia da Covid-19 (2020-21).
Risale all’epoca dei primi anni dei festeggiamenti patronali la concessione da parte di Carlo III, prima di salire al trono di Spagna (1759) e su richiesta dell’Università di Tuglie, dell’annuo mercato e della fiera del bestiame, la quale si svolgeva negli stessi giorni dei festeggiamenti e per decenni fu la prima e una delle più importanti fiere tra i paesi vicini.
Nel 1859/60 anche la fiera di Tuglie, come tutte le altre del Regno di Napoli, fu sospesa per le ragioni di ordine pubblico prima ricordate; fu ripristinata il 25 marzo 1871 dal sindaco, che destinò al suo svolgimento “Largo Termiti” che divenne così “Largo Fiera”. Classificata nelle pubblicazioni dell’epoca come “di notevole importanza” e specializzata negli attrezzi agricoli e casalinghi, ma soprattutto nei volatili da cortile, primi tra tutti i pulcini – da cui deriverebbe l’attribuzione del nomignolo “puricini” agli abitanti di Tuglie – per circa un secolo essa ha mantenuto inalterati il suo fascino e la sua importanza sul territorio.
Dopo l’istituzione della fiera, l’Annunziata divenne titolare anche dei festeggiamenti civili e il culto di San Giuseppe Protettore venne messo in secondo ordine. Agli inizi del ‘900 la festa conobbe i momenti di maggiore splendore, grazie anche ai Tugliesi emigrati in America che contribuivano economicamente alla sua realizzazione. Con le loro offerte, infatti, ogni anno si realizzava un grandioso spettacolo pirotecnico, “La Cumparsa”, una bengalata che riproduceva l’immagine di un bastimento, simbolo della loro partenza dall’Italia.
Particolarmente devote alla Vergine erano le donne sterili che si rivolgevano a lei per ricevere il dono della maternità e molte delle quali, per grazia ricevuta, contraccambiavano la Vergine donando al simulacro cartaceo ex-voto di vario genere, anche in argento e molto pregiati, alcuni dei quali settecenteschi. Assai diffuso di conseguenza tra le famiglie tugliesi era il nome di “Annunziata” o “Annunziato”, abbreviato in Nunzia o Nunzio.
Specialità tipica della festa era “lu core te cupeta”, un dolce a forma di cuore, realizzato con zucchero caramellato e mandorle, che i giovani regalavano alle fidanzate.
Da qualche decennio, ormai, per le mutate condizioni socio-economiche e culturali, alcune di queste usanze non esistono più o sono state soppiantate da prodotti nuovi. Restano però le “batterie” a metà giornata, il mercato della Nunziateddha – così si presenta oggi l’antica la fiera, dove i pulcini e gli altri animali da cortile vengono presentati solo in forma simbolica per rievocare il passato la – la “banana con la panna” e il ricco Luna Park.

Risale agli anni successivi all’apertura al culto della nuova parrocchiale (1734), forse a quel tempo non ancora dotata di nuovi arredi e statue, e all’istituzione della festa patronale e della sua prima attestazione documentaria (1737/1749) l’esecuzione della nostra statua in cartapesta ancora oggi portata annualmente in processione.
La compongono le due distinte figure della Vergine e dell’Arcangelo Gabriele, secondo un impianto compositivo tipico della statuaria lignea coeva e seicentesca. L’Annunciata contorce il suo corpo nel rivolgersi verso l’Angelo appena planato, mentre la sua reazione improvvisa fa cadere sul lato sinistro l’ampio manto blu che la ricopre, bordato da una decorazione fitomorfa oggi quasi scomparsa. L’arcangelo poggia su una nuvola cartacea a sua volta ‘infissa’ in un inginocchiatoio riccamente intagliato ed è finemente impreziosito da un manto rosso, elegantemente annodato, che gli copre solo la spalla destra e che invece ricade libero dall’altro lato. Caratterizzano le due figure i colori raffinali e tenui delle vesti e le ali variopinte dell’angelo.
Nel corso del restauro a cui il simulacro fu sottoposto, alla fine degli anni Sessanta dello scorso secolo, il cartapestaio Antonio Malecore (1922-2021), propose di assegnarlo, su base stilistica, a Pietro Surgente (1742-1827), uno dei padri della cartapesta leccese e salentina e autore della più antica statua datata e firmata giunta fino a noi: il San Lorenzo di Lizzanello (1782).
La nostra elegante e ‘scenografica’ Annunziata presenta, come già riconosciuto, evidenti rapporti compositivi, formali e decorativi proprio con il San Lorenzo – la Vergine e l’Angelo, al pari del santo, sono inoltre caratterizzati dai ‘tradizionali’ decori floreali sulle vesti – e rimanda, come quello, nel suo impianto compositivo alla possibile formazione del Surgente nell’ambito della decorazione architettonica (stucco, doratura, ecc…) e dell’effimero. Le due statue sono inoltre accostabili anche per certi dettagli morelliani, quali, tra tutti, il profilo estatico della Vergine, la cui bocca dischiusa fa intravedere l’arcata dentaria superiore e il cui orecchio è tagliato dalle mosse e ondulate ciocche dei capelli. Il viso oblungo, delicato e concentrato dell’Angelo ricorda invece quello dell’Immacolata di San Donaci, altro simulacro settecentesco già accostato al Surgente, ma oggi difficilmente giudicabile a causa delle ridipinture subite.
Sottoposta a un restauro filologico condotto da Lidiana Miotto nel 2011-2012, che ne ha riscoperto le coloriture originarie e i caratteri formali e plastici originari, occultati dal precedente intervento, la datazione del simulacro dovrebbe essere antecedente al 1773, quando, in una lettera al vescovo idruntino, don Vito Antonio De Santis, primo arciprete tugliese (1733-1785), si dichiarava «vecchio e stanco» e incapace di ormai di dedicarsi alla cura della parrocchia. Priva però di certezze l’ipotesi che l’Annunziata venisse ordinata dal De Santis, come ex-voto, a seguito della guarigione dalla malattia che lo aveva portato nel 1753 a redigere testamento, poi sostituito da un secondo nel 1770; ipotesi che ha indotto a credere che la «statua barocca “alla veneziana”» possa spettare «a Mauro Manieri o comunque a qualcuno del suo entourage».
Non va invece esclusa l’eventualità che l’opera sia stata richiesta in una data più prossima al secondo testamento, quando don Vito era ancora «sano di corpo e mente»; eventualità che renderebbe più plausibile la sua ascrizione al Surgente.

Bibliografia
  • E. Pagliara, La Chiesa matrice di Tuglie e le origini religiose del paese, prefazione di L. Scorrano, Manduria 1996, pp. 67, 143-145, 181 fig. 45.
  • O. Seclì, Tuglie. La storia, le storie, Parabita 2007, pp. 40-49.
  • O. Petruzzi, 50° anniversario della realizzazione del mosaico 1962-2012, Tuglie 2012, pp. 13-14.
  • N. Cleopazzo, Per una storia della cartapesta del Settecento in Puglia. Un profilo e alcune novità su Pietro Surgente (1742-1827), alias «Mesciu Pietro de li Cristi», in «Confronto», 5, 2022, pp. note 53-54.
Sitografia
Galleria
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Annunciata, processione nel passato
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Annunciata, processione
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